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Per la Divina Eleonora
“Se la vista di cieli azzurri ti riempie di gioia, se le cose semplici della natura hanno un messaggio che tu comprendi, rallegrati, perché la tua anima è viva.”
Cenni biografici
Eleonora Duse nacque il 3 ottobre 1858 da Angelica Cappelletto, vicentina, e da Alessandro originario di Chioggia, terzogenito di Luigi che rompendo le tradizioni familiari e lasciando agli altri fratelli le navigazioni, i commerci e le leggi, abbandonò limpiego presso il monte di pietà per darsi allarte drammatica. Tutti e quattro i suoi figli, compreso il padre di Eleonora, seguirono lesempio paterno: furono attori apprezzati, se non sempre fortunati, e per molti anni peregrinarono per il Piemonte ed il Lombardo - Veneto.
Figlia darte, non si sa ben dove Eleonora sia nata: fra le molte versioni cè anche quella che la grande attrice abbia visto la luce in treno ma la più accreditata è che sia nata nellalbergo Cannone doro a Vigevano dove la compagnia paterna si trovava in quel tempo ed a Vigevano fu battezzata. La sua infanzia fu triste, piena di stenti e sacrifici; a quattro anni, a Zara, le fu affidata la parte di Cosetta nei Miserabili: e da allora cominciò la sua carriera artistica, con scarse gioie e molte pene. Dopo aver attraversato a tappe il Piemonte, la Lombardia e il Veneto, arrivò al teatro Filodrammatico di Trieste, già "ultima nelle parti ingenue" nella compagnia Duse - Lagunaz.
Alla fanciullezza triste e deserta di gioie seguì una giovinezza anche più amara e sconsolata. Le si ammalò la madre, ed ella si recava allora, tra una recita e laltra, allospedale, dove, come ella stessa raccontò più tardi al Rasi, mangiava spesso metà della zuppa che la povera inferma le teneva in serbo. Ma la madre morì, ed Eleonora, rimasta sola col padre accasciato e stanco, continuò la sua misera vita randagia. Qualche anno dopo, a Verona, ebbe il primo successo recitando la parte di Giulietta nella tragedia di Shakespeare; la piccola attrice aveva comperato, con le sue economie, un mazzo di bellissime rose e coi fiori tra le braccia, tuffandovi il viso ed aspirandone il profumo, cantò il suo disperato amore per Romeo: gentile trovata, è rimasta poi memorabile negli annali del teatro.
Più tardi, dopo aver recitato con Icilio Brunetti e con Ettore Dondini, entrò, come seconda donna, nella compagnia di Luigi Pezzana, del quale è rimasta celebre una frase che voleva essere di malaugurio per la giovane attrice. Si provava a Fano una commedia; durante una scena il Pezzana la interruppe per correggerla:
- questa battuta così non va: dovete fare così. E ripetè lui la frase in modo veramente pietoso. La Duse, che fin dallora era fierissima di sè e non poteva tollerare che altri la correggesse senza ragione, gli rispose seccata che la battuta lavrebbe detta a modo suo. Il direttore montò su tutte le furie e le gridò:
- ma perché seguitate a fare lartista? Non capite che non è pane per i vostri denti? scegliete un altro mestiere!
Poco dopo lasciò la compagnia del suo cattivo profeta e venne scritturata come prima attrice giovane nella compagnia di Enrico Belli - Blanes e di Francesco Ciotti; vi rimase poco, perché subito dopo riprese il suo ruolo di seconda donna nella compagnia del Drago a Trieste. Anche qui fu sfortunata. Il pubblico non la capiva, il direttore la tollerava appena, la miseria e la fame la intristivano sempre più, tanto che ben presto fu costretta ad andarsene; qualche tempo dopo entrò nella compagnia dei Fiorentini a Napoli ed avendo ottenuto, insieme con Giacinta Pezzana, un vivo successo nella Teresa Raquin di Emile Zola, venne chiamata a far parte della compagnia di Cesare Rossi. Ammalatasi la Pezzana, che era pure col Rossi, dovette sostituirla, e nella Moglie di Claudio, che fino allora era stata sempre fischiata, ottenne un vero trionfo.
Era venuta intanto in Italia Sarah Bernhardt; la Duse, che assistette alle sue recite a Torino, ne rimase entusiasta; ma non si sgomentò e poche sere dopo, allo stesso Teatro Carignano, si presentò ella pure nella Principessa di Bagdad, una delle migliori interpretazioni della Bernhardt. Fu una magnifica vittoria: chi aveva ancora qualche dubbio sul valore della giovane attrice, quella sera si persuase ed applaudì convinto.
Da quel momento Eleonora Duse divenne lidolo delle folle: uscì dallItalia e in Germania, in Russia in Inghilterra, in America fu acclamata signora della scena. Solo Parigi le incuteva un certo sgomento, forse perché temeva che i parigini, abituati allarte della Bernhardt, non sapessero capirla e apprezzarla. Finalmente cedette alle pressioni del suo impresario, lo Schürmann, e davanti alla stessa Sarah Bernhardt, in un teatro affollatissimo di ammiratori della grande attrice francese, recitò La Signora dalle camelie: fu una meravigliosa Margherita Gautier; il successo fu immenso: la Bernhardt fu la prima a dare il segnale degli applausi.
Intanto il suo repertorio si arricchiva delle nuove tragedie di Gabriele dAnnunzio: si formò una compagnia Duse - Zacconi per un giro di rappresentazioni dedicate ai drammi dannunziani e nuovi allori furono mietuti davanti ai pubblici più disparati.
Al repertorio dannunziano aggiunse anche i drammi di Ibsen, e de La donna del mare e degli Spettri ella diede le più mirabili interpretazioni.
Per molti anni continuò i suoi viaggi trionfali; desiderata dovunque, acclamata in ogni luogo, fatta segno agli omaggi dei principi, dei sovrani e degli artisti, destava allestero oltre lammirazione un vero e proprio stupore.
Nel 1898 accettò con entusiasmo di partecipare a Parigi alla recita daddio di un artista della Comédie Française e rifiutò qualsiasi rimborso di spese; nello stesso anno, al teatro Amelia di Lisbona, riportò tali trionfi che il direttore del teatro, il visconte San Luiz de Braga, volle murare una lapide a ricordo di quelle recite. Si recò ancora in Russia, ma era ormai stanca, e un giorno, poche ore prima della rappresentazione, disse al suo impresario che non si sentiva di recitare e che voleva tornare in Italia. La sua salute era veramente minacciata ed ella allora decise di ritirarsi dalle scene e di vivere in pace nella sua tranquilla e modesta casa di Asolo.
Parve quel periodo una lunga convalescenza interrotta soltanto nel 1916 per interpretare il suo unico film "Cenere".
Nel 1920 ricomparve, coi capelli bianchi, nei teatri che lavevano accolta giovinetta. Torino, Milano, Roma; poi si decise a rivarcare loceano e si recò in America per recitare ancora una volta davanti a quelle folle che sempre lavevano ammirata.
Giunse a New York il 16 ottobre ed apparve per la prima volta al Metropolitan il 29 con La donna del mare. Recitò poi, sempre trionfalmente, al Century Theatre, in rappresentazioni diurne, due volte alla settimana, fino a dicembre, epoca in cui intraprese un breve giro negli Stati dellest e poi del centro, suscitando dovunque il più vivo entusiasmo. Ma a Pittsburgh, dopo qualche giorno dal suo arrivo, si ammalò; parve dapprima una lieve influenza, ma poi, per una sopravvenuta polmonite, le condizioni dellinferma si aggravarono e nelle prime ore di lunedì 21 aprile, nello Schenley Hotel di Pittsburgh la grande attrice spirò quietamente, presenti solo il medico e la segretaria.
Poco prima di morire, ella disse fievolmente: "Non temo la morte, ma non lasciatemi morire lungi dalla mia Italia". Furono le sue ultime parole. Lon. Mussolini telegrafò allambasciatore italiano a Washington pregandolo di recarsi a Pittsburgh a rendere lestremo solenne omaggio del governo alla grande attrice scomparsa e a provvedere per il trasporto in Italia della salma a spese dello Stato. La salma della grande tragica partì il I° maggio da New York sul piroscafo Duilio accompagnata dai venti artisti che la seguivano nella sua ultima gloriosa tournée.
Dopo solenni esequie, venne, come suo desiderio, sepolta ad Asolo (TV), rivolta al Grappa.